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La strega di Asso

di Roberto Zanardo

wall-clock_300.jpg Tempo di lettura: circa 5:00 min

ponte oscuro asso vallassina

Asso e la Vallassina

Nelle valli della Lombardia, quando l’Italia sta per finire e a poca distanza inizia la svizzera, c’è un lago grandissimo che ha la forma di una ypsilon rovesciata.

Circondato da colli, colline e monti, alcuni dei quali particolarmente imponenti con nomi forti derivati dalla storia del luogo e dalla forma degli stessi: la Grigna, il Grignone…il Resegone.Monti bellissimi di un verde rigoglioso nelle estati e di forme ben più definite negli aridi inverni.

Quasi in centro tra I due rami del lago, tra le due linee inferiori di questa ypsilon rovesciata (o superiori se la si guarda quando è dritta) c’è un piccolo paese molto importante, con una storia millenaria.

Un paesino che addirittura ha dato il nome a tutta la valle nella quale si trova.Asso.E la Vallassina è appunto la valle cui da il nome.

Un paese che ha una storia antica di ponti, monasteri, chiese e leggende.

La leggenda più famosa narra di Sant’Apollonia, di cui i Vallassini riportarono un dente, addirittura dalla Palestina, e che da allora divenne protettrice della città.Da allora ancora oggi è usanza accendere a Febbraio le luci del Natale da poco trascorso.

Streghe in Vallassina

Nella stessa zona inoltre ci sono diverse testimonianze di streghe più o meno buone.Ma la più importante era quella di Asso.

Una di queste streghe, della vicina Valbrona, fu accusata e presa ‘di mira’ dai contadini della valle perchè aveva sempre i raccolti migliori dei loro e si professava curatrice di vari mali con le erbe del territorio.

Ancora oggi è ricordata da grossi lastroni a forma di croce sul sentiero che porta alla vicina alpe di monte, raggiungibile sul monte Megna direttamente da Asso o dalla confinante Valbrona.

Le due streghe erano molto amiche e spesso si trovavano al crepuscolo sul Ponte Oscuro.

Qui si trovavano ogni ultima luna per scambiarsi segreti e danzare, chi le vedeva diceva che si muovevano in un modo molto strano e si allontanava il prima possibile.

Si narra anche si trovassero al Pian del Tivano, su un grande prato, con altre streghe della valle,

Accendevano un fuoco sui prati collinari illuminati dal chiarore della luna con un grosso pentolone al centro e si disponevano a cerchio muovendosi lentamente ritmicamente per evocare chissà quale demonio.

Eravamo tra il 1500 e il 1600 e ovviamente tutte quante fecero una brutta fine…

Giorni d’estate

Ellise era una ragazzina molto perspicace e sveglia, si era trasferita in quel paese da poco meno di un anno, aveva vissuto in vari posti nonostante la sua giovane età.

Aveva vissuto per diverso tempo in una meravigliosa villa degli anni ‘70 con una vista splendida su quel lago, che a detta di molti era il più bello del mondo.

Era stata in città e nell’hinterland del nord Italia vicino alla metropoli.Aveva vissuto per qualche mese a Malta, un’isola nel mar mediterraneo con un mare cristallino pieno di pesci di tutti I tipi che ti venivano ad ‘assaggiare’ la pelle appena entravi in acqua.Ancor prima di compiere I dieci anni di età aveva già provato diversi stili di vita e diverse esperienze.

A volte sembrava taciturna e a volte esplosiva, ma in qualche modo ogni volta che entrava in contatto con l’acqua si risvegliava nella sua piena felicità e voglia di vivere.

Asso, attraversata da un fiume e vicina a diversi laghi, era un buon posto per lei.E forse per un pò avrebbe potuto anche viverci serenamente.

Una sera Ellise e la sua cuginetta Julie, che era venuta a stare qulche giorno da lei, decisero di fare una passeggiata per la parte alta del paese.

Era una fresca sera di inizio estate, con i blandi raggi del sole che avevano battuto sulla casa per tutto il pomeriggio, non troppo per esserne accalorati ma abbastanza per aver voglia di un pò di fresco.

Qundi verso sera, quel giorno, fecero qualche passo nel fiume. L’acqua era ancora troppo fredda per resistere più di qualche minuto ma loro ci provavano lo stesso!

“Possiamo andare a fare un giro qui intorno così faccio vedere il ponte oscuro a Julie?” disse Ellise alla mamma.”Certo, se anche papi è d’accordo e vi portate il telefono, non c’è problema”.”Yee!” risposero le ragazzine in coro.

Partendo da casa attraversarono quindi un piccolo ponte e si inoltrarono tranquillamente per le viuzze del paese.Il percorso era inizialmente in leggera salita tra alcune case, si girava, ancora in salita, verso destra e poi si incontrava una roggia al margine sinistro della strada, si proseguiva in leggero piano e discesa alternati per raggiungere finalmente il Ponte Oscuro di Asso.

Il ponte oscuro

Il ponte sovrastava di quasi 30 metri un brusco dislivello del fiume che generava un’impetuosa cascata tra le rocce: L’orrido di ponte oscuro.

C’era ancora molta luce essendo quel giorno il solstizio d’estate, così raggiunto il ponte, decisero di proseguire ancora un pò.

Da lì Ellise aveva scoperto un punto dal quale scendere verso il fiume e dove si trovavano delle belle pozze nelle quali ci si sarebbe potuto fare un bagno appena la stagione sarebbe diventata più calda.

Proseguirono ancora un pò e si trovarono nei pressi di alcuni ruderi abbandonati a ridosso del corso d’acqua.

ponte oscuro asso vallassina

Ellise spiegava a Julie di quando vi era stata l’estate scorsa e Julie cominciò a fare domande e raccontare incessantemente com’era solita fare: “una volta sono stata su un fiume, c’era un signore che pescava, quando ne prendeva uno a volte lo lasciava libero e lo ributtava in acqua, poi attaccava un altro verme o una cosa alla canna da pesca, sai a quel filo pieno di cose? Una è colorata, quella che galleggia in acqua, non so come si chiama…”

Era fantastica e avrebbe continuato a parlare all’infinito, anche inventandosi qualcosa pur di poter proseguire nel suo racconto!

Le due ragazzine si sedetterò su una roccia ad osservare i ruderi abbandonati e lo scorrere del fiume.Continuando a parlare e ogni tanto a guardare il loro telefono per rispondere ai vari messaggi e condividere le immagini di quel momento, si fecero delle pose buffe e le inviarono alle loro amiche.Non potevano aspettarsi minimamente quello che sarebbe successo nei prossimi istanti.

A un certo punto arrivò un sibilo e l’aria divenne man mano più fresca.Poi gelida.Un figura vestita di bianco le guardava come sospesa da una pozza al centro del fiume.Le ragazze si irrigidirono senza neanchè guardarsi.

La figura, che aveva le braccia lungo il corpo, alzò lentamente il braccio destro, come se volesse indicarle…

Fu in quel momento che scapparono a gambe levate senza voltarsi mai.Arrivarono a casa ancora spaventate e si misero subito a dormire.O almeno a provarci.

I giovani di quell’età e di questa generazione sono abbastanza abituati a tutto e spesso non sono particolarmente impressionabili da cose che normalmente ci terrorizzerebbero.

Per cui le ragazze dopo pochi giorni fecero finta di dimenticare quanto accaduto come se non fosse mai successo o fosse stato solo frutto della loro fervida immaginazione.

Così, dopo qualche giorno Ellise disse alla cugina: “Vuoi vedere una cascata da vicino?” E Julie, com’era solita fare, rispose con entusiamo: “SIII!”

Alla cascata

Si avviarono un pò prima, in piena luce (ancora un pò scosse dal ricordo di quella sera) e raggiunsero la cascata.

Si sedettero su una panchina su un bel giardino proprio di fronte alla cascata e cominciarono a parlare.

Poco dopo arrivò una signora anziana, con i capelli bianchi molto lunghi e chiese loro: “posso sedermi qui con voi ?” le ragazze risposero, con non molto entusiamo: “si…va bene”.

Le due cugine continuarono a parlare tra di loro mentre la donna osservava la cascata con un leggero sorriso sulle labbra.

A un certo punto la signora esordì con un sospiro: ”Aah…” “amo questo posto…”  ”E’ un posto semplice, ci sono molte cascate più belle di questa… ma questa è la mia cascata e mi è mancata moltissimoo…”

Le ragazzine la guardarono e notarono una leggera somiglianza con l’apparizione di qualche sera prima e sulle prime rimasero come…’bloccate’.

Ma in fondo era probabilmente frutto della loro immaginazione e sicuramente si trattava semplicemente di una villeggiante che in quel periodo si era trasferita da quelle parti.

La signora raccolse qualche foglia e disse: “vedete questa ? E’ la piantaggine, è un tipo di pianta che cura le punture d’ortica, per questo crescono spesso vicine.” Ellise in realtà già lo sapeva ma Julie rimase incredibilmente affascinata e le chiese: “e quella ? cos’è ? serve a qualcosa ?” Stava indicando delle foglie di tarassaco e la signora esclamo: “Brava! Quella serve a tutto! Si può mangiare tutto di quella pianta e fa benissimo!”

“UAO! Davverooo ?” esclamò Julie.

“Sì, certo.” La signora sorrise e si rimise immobile ad osservare la cascata.

Ellise e Julie erano tranquille ma erano anche un pò imbarazzate da quella presenza e quella signora aveva qualcosa di ‘strano’ per cui decisero di andare.Spesso non facciamo caso al nostro comportamento talmente siamo persi nei nostri pensieri.Così si alzarono e se ne andarono dicendo un timido e quasi inudibile “ciao”.

La signora si girò e disse loro un quasi sussurrato “Arrivederci…” che aveva in sè un qualcosa di lievemente inquietante.

Il lago del mistero

I giorni successivi trascorsero normalmente: le due cugine stavano in casa e ogni tanto facevano una capatina sul fiume di fronte.

Fu qualche giorno dopo che decisero di fare un giro qualche decina di metri più avanti in quello che Ellise chiamava: ‘il lago del mistero’, di fatto non era altro che una pozza un pò più profonda dove andava con suo padre in inverno, quando la vegetazione era diradata e lo permetteva.In questo periodo bisognava andarci per forza passando attraverso il fiume.Però era bello, sembrava davvero un lago! Ed era pieno di pesci!

Così quella sera, poco prima di cena, le due ragazze decisero di andarci.

Si sedettero su una roccia a giocare a chi riusciva a contare più pesci: “’uno…lì, due ,tre…un altro lì!” “io ne ho contati sei!” “io sono a cinque ma ti raggiungo presto!”

Si alzarono e andarono in due diverse direzioni costeggiando la riva intorno al ‘lago’ per trovare più pesci.

Ellise a un certo punto ne vide alcuni gialli. ‘Strano’ pensò tra sè e sè -non ne avevo mai visti prima di quell colore nel fiume-, i pesci sembravano aumentare ed essere sempre di più, alla fine guardò bene e sembravano comporre un disegno, anzi una vera e propria immagine come di un fuoco che bruciava, guardò ancora meglio e il fuoco alimentava una pira di legno con un palo al centro e una donna che bruciava e urlava!

Si ritrasse spaventata e corse dalla cuginetta, dicendole nervosamente “andiamo, ANDIAMO!”Corsero dentro il fiume verso casa, con il fiume che Ellise notava diventare sempre più ‘giallo’ come se quella maledizone le stesse inseguendo e gridò alla cuginetta: ‘CORRI!!!’.

Finalmente arrivarono a casa.

Ellise non disse nulla di quello che aveva visto alla cuginetta per non spaventarla ulteriormentePerò cominciavano davvero a succedere cose molto strane.Un pò troppo spesso.

Di sera, nel suo letto, Ellise ripensò a quella scena e scorse nella donna un viso famigliare…”SI!” Era proprio la donna che avevano incontrato sotto la cascata qualche giorno prima!

Una signora molto particolare

Nel frattempo nel paese si vociferava di una signora molto particolare.

Il paese era un punto di passaggio abbastanza turistico per le varie passeggiate e le bellezze del territorio circostante.

Quindi nessuno inizialmente ci aveva fatto caso, poteva benissimo essere una comune villeggiante.

Ma c’erano stati diversi eventi in qualche modo legati a lei che cominciavano ad alimentare voci di ogni tipo.

Era successo che trovarono un uomo intento a ‘mangiare’ tutto ciò che trovava per terra.

Alcuni dissero che stava passeggiando per la via centrale del paese e incrociò la signora dai lunghi capelli bianchi.Pare che la signora lo avesse visto buttare con noncuranza un mozzicone di sigaretta per terra e gli avesse detto due parole guardandolo negli occhi e continuando a camminare come se nulla fosse.

Subito dopo l’uomo si mise a percorrere la strada carponi come se fosse affamato e mangiando tutti i mozziconi e ogni sorta di rifiuto trovasse per terra!

Altri raccontarono di averla vista nei pressi della torre dell’antico castello con le mani alzate come se stesse inveendo contro qualcuno.

Ci fu anche un caso strano nel vicino ospedale.Un uomo di un paese vicino venne ricoverato con lo stomaco pieno di ‘sassi’.

Il dottore disse che sembrava quasi qualsiasi cosa mangiasse si trasformasse in pietra.

Anche in quel caso qualcuno affermò che era un muratore che scaricava I resti dei suoi lavori nei sentieri e nei pressi del fiume e che una sera aveva ‘incontrato’ la bianca signora.

Ma alcuni avevano anche notato delle similitudini con fatti avvenuti parecchio tempo prima: durante l’ultima peste si narrava anche di una donna, molto ricca, cui il marito aveva lasciato diverse proprietà, che era nota per il suo comportamento sprezzante e altezzoso.Pareva avesse avuto anch’ella a che fare con una strana signora dai lunghi capelli bianchi.

Si dice che la signora in questione, Marilde, aveva affittato uno dei suoi terreni ad una famiglia di onesti lavoratori.L’accordo era che la metà del raccolto andasse a lei.

Al sopraggiungere della peste il padre non potè lavorare il terreno e ovviamente non potè disporre di nessun raccolto.

Ma la signora Marilde fu inflessibile nonostante la famiglia avesse sempre mantenuto il suo impegno.

Si dice che in uno dei sentieri che porta nei boschi videro una signora dai lunghi capelli bianchi ‘parlare’ con una roccia come se fosse una persona. Un contadino che passava di lì riferì che la Bianca signora era come in uno stato di trance e di udire in maniera indistinta alcuni sussurri: ’dura come il tuo cuore.. questa roccia…il terreno che non da nulla…così diventerai…’

E da allora della signora Marilde non si seppe più nulla.

Le voci aumentavano, ma per fortuna, raramente si vedeva in paese, era diventata una figura inquietante e la gente quando la intravedeva cercava di cambiare strada il prima possibile.

Passò tutta l’estate e la gente del paese ormai se l’era dimenticata.

Autunno

Ricominciarono le scuole, i ragazzi affollavano il cortile, gli anziani facevano di mattina presto le loro commissioni e tutto procedeva come sempre nel piccolo borgo.

Ellise si trovava con qualche amica lungo il tragitto che la portava a scuola, a volte si fermavano insieme a prendere una focaccia nel piccolo panificio e poi procedevano insieme di buon ora per l’inizio delle lezioni.

A volte si trovavano sulla bella scalinata che portava alla chiesa principale e proseguivano da lì.

Arrivò anche Ottobre e velocemente anche Novembre.Fu proprio la mattina del 31 Ottobre che Ellise, che non voleva mai arrivare in ritardo a scuola, arrivò molto presto alla scalinata.La sua compagna non era ancora arrivata per cui si sedette ad aspettarla esattamente a metà scalinata.Guardò il telefono, come al solito, e vide il messaggio della sua amica che le diceva che sarebbe arrivata il prima possibile perchè non trovava un libro.Letto il messaggio Ellise si guardò intorno, persa nei suoi pensieri e ancora mezza addormentata dal recente risveglio.Lo sguardo le sì posò sulla torre del castello alla sua destra.

Sapeva che oramai la torre era diventata un edificio residenziale con all’interno diversi appartamenti, quindi non si stupì di vedere all’ultimo piano una signora affacciata alla finestra.

Anche se in realtà non era propriamente affacciata, era semplicemente in piedi dietro la finestra, sembrava la guardasse.Da così lontano era difficile vederne il volto, sembrava avere solo i capelli un pò lunghi e una comune vestaglia bianca.A un certo punto però fece un movimento che la ragazzina riconobbe immediatamente, il suo braccio si alzò lentamente come ad indicarla.A Ellise si gelò il sangue.Si alzò di scatto e percorse velocemente la parte restante della scalinata per dirigersi verso la scuola.

Ma appena raggiunse il sagrato della chiesa, di fronte all’antico portone, di colpo si trovò di fronte le signora dai lunghi capelli bianchi.

La ragazza rimase bloccata.Ma la signora le parlo gentilmente come quando l’aveva incontrata qualche mese prima alla cascata:’Buongiorno’ disse la signora.

Ellise, che come molti giovani non sono abituati a dire ‘Buongiorno’ alle persone più grandi, soprattuto se anziane, sostituendolo con un universale “Ciao”, tirò fuori comunque un “B-Buongiorno..” tremolante di paura.

“Non temere, non voglio farti del male.Mi dispiace averti fatto spaventare, non sono cattiva, tranne con le persone che se lo meritano…ho solo bisogno di qualcuno che sappia comprendere il mio messaggio”.Fece un lunga pausa poi sospirò: “Ero una persona normale, una ragazza appassionata di piante, coltivazioni e colture.Amavo questa terra ma le persone hanno cominciato ad accusarmi di ogni sorta di falsità perchè non capivano come facessi ad avere raccolti così abbondanti e come curassi molte malattie con le piante.Alla fine sono stata bruciata su un rogo.”

“La stessa sorte è toccata alla mia cara amica di Valbrona.Ci trovavamo spesso sul ponte oscuro ed eravamo talmente prese dalle nuove scoperte che facevamo sulle piante e le coltivazioni che facevamo un gran gesticolare per descrivercele a vicenda!”

ponte oscuro asso vallassina

“Sono stata chiusa in quella torre per così tanto tempo.Mi è mancata tantissimo la mia cascata, la mia terra, i miei monti, le mie erbe…perchè sono stati tanto cattivi con me? Volevo solo fare del bene ed aiutare la gente per quel che potevo.”

Smise di parlare osservando la vecchia torre come stesse guardando nel vuoto.Poi riprese:“L’invidia e l’ignoranza mi hanno ucciso ma il mio spirito non si fermerà mai.La mia anima non ha mai avuto pace per l’ingiustizia subita.Ma forse ora che sai la verità e potrai trasmetterla finalmente potrò stare serena.’

La signora fece un bel sorriso alla ragazza e l’accarezzò sulla guancia.Ellise ricambiò il sorriso e sentì la mano sul suo viso che lentamente perdeva consistenza fino a dissolversi completamente lasciando intorno un dolce e fragrante profumo di sambuco.La ragazzina sussurò ancora paonazza, con voce impercettibile: “Arrivederci…”

Ellise cominciò a raccontare alle sue amiche quello che aveva visto e quello che le disse la signora.La leggenda passò di casa in casa e si diffuse nelle valli circostanti.

La strega di Asso aveva finalmente trovato giustizia.

Illustrazioni a cura di Fabrizio Chierichetti

Sogni di Gatti (di R.Zanardo)

Questa è una favola della buona notte ma anche un pò una favola per San Valentino! E’stata la prima ‘favola’ che ho scritto…speriamo vi piaccia!

Sogni di Gatti

Nella bella città di Siviglia, c’erano due gatti, entrambi neri, randagi e molto carini.

Una era una gatta un po’ spaurita e delusa dalla vita da randagia e non andava d’accordo con i suoi genitori che le dicevano sempre che non s’impegnava abbastanza, anche se lei si dava un gran daffare!

Stava tutto il giorno ad aiutare i suoi fratelli e spesso, per recuperare qualcosa da mangiare, si appostava all’esterno di un ristorante dove le davano sempre ottimi pranzetti: in cambio lei teneva lontano i topi, che non stanno mai bene vicino ad un ristorante!

Saba era molto curata e indossava un collarino fucsia con tre brillantini che stavano benissimo sul suo liscio pelo nero. Era un ricordo di quando la sua famiglia viveva in una stupenda casa con dei padroni amorevoli che, purtroppo, poi la dovettero abbandonare per problemi che solo gli umani possono capire.

La sua famiglia viveva ancora lì: anche se la casa era ormai abbandonata, il posto era stupendo e circondato di alti alberi sui quali arrampicarsi per farsi le unghie!

Lei era molto romantica e cercava da tempo l’amore della sua vita, ma, ahimè, aveva ricevuto molte delusioni ed era ormai quasi senza speranze.

Roh era invece un gatto molto anticonformista, a lui non interessava quello che facevano gli altri, vedeva tutto a modo suo ed era sempre convinto che non sempre la cosa migliore fosse comportarsi come tutti gli altri gatti. Era un sognatore ed amava la musica rock!

Era però anche molto rispettoso delle scelte altrui e per lui erano tutti bravi! Purtroppo questo atteggiamento spesso lo metteva in difficoltà perché al mondo, purtroppo, non erano tutti buoni e bravi, ma lui voleva continuare a pensarla così! Anche se stava un po’ più attento ultimamente!

L’ultima volta, ad esempio, era successo che un gatto di nome Max che si diceva suo amico, gli aveva proposto un affare. Gli aveva detto: “Siccome tu sei bravo a cacciare i pesci e io a cacciare i topi, facciamo così: mettiamo tutto insieme, così poi facciamo scambi migliori con gli altri gatti!”

E così fecero. Solo che in realtà Max prendeva i topi e i pesci catturati e li scambiava per conto suo con succulenti pranzetti che i gatti domestici, loro amici, si facevano dare dai loro padroni!

Siccome i gatti domestici, abituati a stare in casa, non sapevano cacciare, erano sempre in cerca di topolini e soprattutto pesci freschi!

Anche Roh era alla ricerca di una compagna ideale, ma amava molto anche stare da solo, per cui era molto esigente!

Una sera, Roh era sopra ad un tetto, accanto ad un’antenna a rimirare la luna piena. Era la cosa che più preferiva fare.

D’un tratto udì un rumore dal ristorante sottostante, come di un coperchio di metallo che cadeva per terra e sentì un gatto soffiare nel mezzo del trambusto.

Scese per vedere cosa stava succedendo. Era semplicemente Saba che, inseguendo un topo, aveva urtato un coperchio dell’immondizia che le era caduto in testa e per questo aveva soffiato spaventata!

In quel momento, uscì il cuoco dal ristorante e nel buio vide Saba e Roh, non riconobbe Saba, che era d’abitudine passare di giorno, e gridò: “Andatevene via, gattacci, che mi disturbate i clienti!”

I due gatti così corsero via insieme e si fermarono in una vicina collinetta.

Subito Saba inveì contro Roh: “Ecco, ci hai fatto mandar via! Se fossi stata da sola mi avrebbero riconosciuta!” E Roh rispose:  “Ma non dire stupidate, non sono certo stato io a fare quel baccano!”

Si azzuffarono un po’, ma poi si calmarono e si raccontarono un po’ delle loro avventure passate, guardando la luna. Poi si salutarono e ognuno, mentre si allontanava, pensò per un momento: “E se fosse l’amore che cercavo?” Ma subito dopo si dissero tra sé e sé: “Nooo! Impossibile, siamo troppo diversi!”

Il giorno dopo, Roh, senza farsi vedere, andò al ristorante dove sapeva di trovare Saba intenta a cacciare topi. La vide mentre depositava un topolino sullo zerbino subito fuori dal ristorante, il cuoco uscì e per ricompensa le diede due teste di pesce grigliate! Buonissime! Roh le vide e senza accorgersene gli scappò un “Miao!” di golosità!

Saba si voltò e lo vide acquattato con la coda che spuntava da dietro un angolo. Sospirò, prese una testa di pesce grigliato e gliela portò. Roh disse: “Mmm, passavo di qui per caso…Grazie!”

Saba prese la sua testa di pesce grigliato e la portò dietro la collinetta del giorno prima, dove i due gatti si misero a mangiare insieme.

Cominciarono poi a parlare di musica e di idee e pensarono di scrivere una canzone insieme e così si innamorarono!

Dopo poco tempo nacque una bella gattina, ovviamente nera anche lei!

E di notte Saba cantava la canzone che aveva scritto insieme a Roh per farla addormentare: era una ninna nanna bellissima, che parlava di sogni, avventure, nuvole, fiori, omini magici, streghe, pelouche morbidissimi e… di gatti.

Avò (di S.Rosano)

Questa storia parla di una bambina siciliana di nome Mariasole.

Da piccola era sempre agitata e non stava mai ferma. La mamma per farla calmare la cullava dolcemente e la portava nell’aranceto vicino casa… Lì le cantava una ninna nanna e finalmente Mariasole si addormentava.

Crescendo Mariasole si rivelò una bambina solare e piena di energia. Nella stagione della raccolta delle arance, dato che i genitori erano molto impegnati, si divertiva a scorazzare per la tenuta e si inventava sempre nuovi giochi.

Ma la cosa che le piaceva di più in assoluto era arrampicarsi sugli alberi! Ce n’era uno in particolare che era il suo preferito, un grosso castagno vicino alla casetta degli attrezzi. Riusciva ad arrampicarsi fino al punto in cui in lontananza si intravedeva il mare.

Lei adorava il mare, le piaceva sguazzare nell’acqua e ogni volta che i suoi genitori riuscivano a portarcela per Mariasole era sempre una festa.

Ultimamente però non capitava molto spesso.La mamma aspettava un fratellino e la sua pancia diventava ogni giorno più grossa.

E quindi stancandosi già parecchio durante tutto il giorno a raccogliere le arance, la domenica la mamma preferiva riposarsi e starsene tranquilla a casa.

Mariasole era un po’ preoccupata per l’arrivo del fratellino, ma era anche curiosa. Non vedeva l’ora che nascesse, sia per avere un amichetto con cui giocare, sia perché così finalmente la mamma poteva tornare a prenderla in braccio più spesso come faceva prima… Non avendo più la scusa del pancione che glielo impediva!)

Quel giorno Mariasole aveva voglia di fare qualcosa di diverso dal solito. C’era un sole splendente e faceva un caldo tremendo. La mamma e il papà come al solito le avevano raccomandato di stare lì vicino a giocare e di fare attenzione.

Lei avrebbe voluto fare una gita al mare, ma alla mamma non mancava ormai molto al termine della gravidanza e quindi alla nascita del fratellino. Le dissero che non appena fosse nato, sarebbero andati tutti insieme al mare.

E poi loro dovevano lavorare, ormai la stagione della raccolta stava quasi per finire… insomma doveva portare pazienza.

“Uff che barba pensò Mariasole… se c’è una cosa che proprio non le piaceva era pazientare!”

Si diresse col broncio verso il grande castagno e comincio ad arrampicarsi.Stavolta, pensò, voglio arrivare più in alto così potrò vedere ancora meglio il mare.

E così fece, era parecchio agile e quindi non faticò ad arrivare su in cima ad un grosso ramo.Wow che bello! Da lì la vista era fantastica e il mare… Si vedeva benissimo!

Passò il tempo e dopo un po’ Mariasole si rese conto che doveva scendere… Ma non sapeva come! Sì, perché a salire era stato abbastanza facile, ma ora si rendeva conto che scendere non lo era affatto.

Intanto, la mamma non sentendola da un po’ cominciava a domandarsi dove fosse finita. Decise di fare una pausa per bere e rinfrescarsi un pochino. Cominciò a chiamarla, ma Mariasole non rispondeva.

Allora chiamò il marito, Rosario e le disse che andava a cercarla.Lui le disse di non preoccuparsi: “Stai tranquilla Maddalena, lo sai com’è, ferma non ci sa stare, ma sarà qui intorno…”

Mariasole nel frattempo cominciava ad avere un po’ paura di rimanere per sempre lì… In più le facevano male le gambe dopo tanto tempo nella stessa posizione!

La mamma la chiamava a gran voce, ma di Mariasole nemmeno l’ombra.Tornò indietro e chiamò il papà, perché l’aiutasse a cercarla.

A un certo punto si ritrovarono a parlare proprio sotto al Grande castagno.

Mariasole si tappò la bocca per non farsi sentire. “Se mi scoprono pensò in preda al panico, sono guai per me… mi metteranno in punizione e allora addio mare, non me lo faranno vedere più nemmeno in cartolina!

Intanto i genitori apparivano sempre più in apprensione.“Ma dove si sarà cacciata?” disse la mamma.

“Forse è perché le abbiamo detto che non possiamo andare al mare oggi… c’era rimasta male l’ho visto… e poi l’abbiamo un po’ trascurata nell’ultimo periodo, non trovi? Tra il lavoro e l’arrivo del fratellino… In fondo è ancora così piccola!”

“Sì, forse hai ragione,” Rispose il papà… Però sono sicuro si sia nascosta qui da qualche parte… Anzi se per caso ci sente,” disse, “voglio che sappia che le vogliamo molto bene e sarà per sempre la nostra primogenita adorata!”

“Ma certo,” affermò prontamente la mamma… Quando sei nata tu, Mariasole, è stato il giorno più bello della mia vita e sarai la mia gioia per sempre…”

Nel sentire quelle parole la bambina si tranquillizzò… I suoi genitori tenevano veramente tanto a lei… e comunque non avrebbe resistito ancora per molto lassù!

E così con un fil di voce chiamò: ”Mamma, papà sono quassù, non riesco più a scendere… e scoppiò a piangere.”Immediatamente il papà corse a prendere la scala nella casetta degli attrezzi e salì su per aiutare Mariasole a scendere.L’operazione non fu semplicissima, ma alla fine andò tutto bene e Mariasole piombò tra le braccia della mamma che la confortò e la sgridò solo un poco… era troppo felice di rivederla sana e salva!

Dopo un paio di settimane nacque finalmente il fratellino tanto atteso, lo chiamarono Matteo, e come gli avevano promesso mamma e papà, finalmente andarono tutti insieme al mare!

(Ispirata da una ninna nanna popolare siciliana: Avò, che potete ascoltare qui interpretata da Sabrina)

Il vero inizio del Natale (Il Grande Segreto)

Helène era, come tutti i bambini, innamorata del Natale; non vedeva l’ora di svegliarsi quella mattina e correre in soggiorno a vedere cosa aveva portato Babbo Natale per lei.

Era sicuramente la giornata più magica dell’anno e i giorni che la precedevano non erano da meno!
Sua mamma poi le preparava una piccola caccia al tesoro per ogni giorno del calendario dell’avvento e le faceva trovare sempre un piccolo regalo.

Non vedeva l’ora di fare l’albero: se fosse stato per lei l’avrebbe fatto il giorno dopo Halloween!
Un giorno però le venne un dubbio, già tra suoi amici c’erano molti che non credevano a Babbo Natale, ma lei era proprio convinta dell’esistenza di quel magico signore.
Allora lo chiese a suo papà, gli disse: “Papà ma se foste voi a mettere i regali sotto l’albero me lo direste vero?”

Suo padre, tra l’altro, credeva fortemente nel Natale e in tutto ciò che lo rappresentava, nonostante la sua età, era rimasto sempre un po’ bambino e non aveva mai smesso di ‘sentire’ quella splendida magia.

Il papà però non sapeva cosa rispondere e cercò di sviare l’argomento: “Ehm…sì ne parleremo con la mamma appena ritorna ok?”

Da piccolo infatti il papà di Helène aspettava l’arrivo di Gesù bambino che portava i doni e anche Gesù bambino non saltava mai l’appuntamento!
I regali erano sempre piccoli e semplici, amava giocare con i robot e altre cose elementari rispetto al mondo d’oggi. Aveva richieste basilari per quell’epoca: ma i regali portati da Gesù bambino erano quelli speciali. Sia che si trattasse di un piccolo robot di metallo sia che si trattasse di una fantastica pista di macchinine elettriche con la quale giocare tutto il giorno di Natale.

Fu quando il bambino crebbe che desiderò cose più… ‘complesse’.
Il mondo stava cambiando e in quel momento arrivarono i primi giochi elettronici, il bambino ne era affascinato e cominciava ad avere richieste ben specifiche per il povero Gesù bambino che era nato 2000 anni prima!

Così il padre del bambino, il nonno di Hèlene, che anch’esso non ci capiva molto di tutte quelle diavolerie, gli fece scegliere da sé il proprio regalo.

Era un videogioco bellissimo! Dove bisognava arrampicarsi su un castello evitando pipistrelli e vampiri!
Aveva una grafica molto semplice ma, mentre ci giocava, il bambino si sentiva veramente sulle mura di quel castello tra le nebbie della Transilvania!

Purtroppo però, avendo scelto lui stesso il gioco e avendolo dovuto indicare specificatamente nel negozio la mattina di Natale, oltre al gioco stesso non ricevette null’altro e quel giorno si sentì come se Gesù bambino non fosse mai esistito veramente.

A un certo punto provò un profondo senso di tristezza. Quella tristezza che arriva di domenica sera quando ormai la festa è finita e i bambini il giorno dopo devono tornare a scuola e gli adulti al loro lavoro.

In quel momento però successe una cosa: sentì di dover uscire fuori sul balcone, nonostante il freddo di dicembre, guardò il cielo e si vedeva a malapena una stella, il resto era coperto.
E il bambino sperò che in quel preciso istante quella stella fosse Babbo Natale o Gesù bambino che arrivavano per consolarlo ed effettivamente sentì una sferzata di aria fredda e umida in faccia che lo fece rabbrividire incredibilmente di gioia!

Non capì cos’era quella sensazione, ma era come se una mano magica l’avesse accarezzato, improvvisamente gli sembrò tutto bello anche quella giornata che sembrava essere d’improvviso diventata triste e anche l’idea della scuola che sarebbe iniziata da lì a breve! Ora ne era sicuro: qualcosa o qualcuno di magico esisteva! Ed era venuto a consolarlo proprio nel momento del bisogno, ma, naturalmente non aveva potuto mostrarsi. Forse perché semplicemente apparteneva a un altro mondo.

Ripensando a questa cosa magica il padre di Helène le spiegò:
amore mio, Babbo Natale esiste eccome ed è una magia che entra nelle persone e gli fa fare cose miracolose.

Qualcuno lo chiama Gesù bambino, altri Babbo Natale e altri non ci credono per niente, ma quello spirito esiste ed entra nelle persone che ci credono, facendo in modo che le persone diventino migliori e i genitori trovino regali impossibili da trovare in quella notte dove tutto è possibile e meraviglioso.
Helenè capi che il papà le stava insegnando una cosa importante, una cosa importante in ogni giorno dell’anno, non solo a Natale e lei ora era custode di un grande segreto: se le persone credono fortemente in una cosa possono diventare magiche loro stesse e avranno sempre dalla loro parte la magia del Natale.

Poco tempo dopo Helenè diventò più grande, sapeva di essere custode di un grande segreto e avendo una cuginetta piccola di nome Julie, questa un giorno le chiese: “Ma secondo te Babbo Natale esiste?” E lei rispose senza alcun dubbio: “Certo che sì!” e rimase sveglia con lei la notte della vigilia fino a mezzanotte, sussurrandole infine: “Andiamo a letto, non vorrai mica farti trovare sveglia!?!”

Mentre la piccola si metteva a letto, Helène si affacciò ancora alla finestra della sua camera, guardando il cielo, sapendo in cuor suo che quella notte, sicuramente, sarebbe successo qualcosa di magico e bellissimo.

LARIO MOON (di F.Chierichetti)

C’era una volta la Luna.
Era una luna diversa da quella che tutti noi conosciamo oggi, era una luna viva e che possedeva una sua anima.

Quando ammiravi la luna piena lassù nel cielo ti accorgevi che gioiva, mentre guardava le meraviglie del pianeta azzurro intorno a cui ruotava.

C’erano grossi specchi d’acqua in cui lei si rifletteva e si era innamorata di un lago incastonato in mezzo ad alte montagne.
Vedeva da lontano quel piccolo fiore con tre petali, e desiderava portarlo a sé come succedeva con i mari, ma questo non accadeva, nonostante tutti i suoi sforzi.

La luna in quel lontano passato ben sapeva che il suo tempo stava per finire, sentiva che il suo cuore si stava spegnendo.
Quando vide un’ultima volta il piccolo lago da lei amato pianse.

Una lacrima di luna, le fu strappata dalla forza dell’astro azzurro e quella lacrima percorse le migliaia di chilometri di spazio che li separava.

Giunta nell’atmosfera la lacrima consumò tutta l’acqua di cui era circondata, ma il suo nucleo duro come un diamante continuò il viaggio.
Ormai ridotto a una forma ovale, precipitò a folle velocità in quello specchio d’acqua.

Fu in quel lago, ai giorni nostri conosciuto come triangolo lariano, che in quel lontano passato piombò a tutta velocità portando con sé una meraviglia.

L’impatto scosse le acque, immense onde si levarono verso il cielo tanta era la sua velocità e potenza.

Finì per urtare il fondo, provocando una profonda spaccatura e scavando la terra per più di 300 metri.

L’urto con il suolo infranse quello che era il suo guscio protettivo, dal quale uscì un piccolo uovo.

Il fondale lacustre buio lo cullò, proprio come lo spazio, laggiù in quelle fredde acque nacque il figlio della luna.
La luna del Lario ha grandi occhi per scrutare le profonde acque scure, un immenso corpo che teme il sole che ferisce la sua pelle.

Il Lario Moon si nasconde nell’anfratto più oscuro, in attesa che spunti nel buio la fredda luce lunare tanto amata.

In quelle notti, in cui la luna ormai senz’anima risplende più del solito, il Lario Moon la guarda brillare lassù in quello spazio di cielo incorniciato dalle alte vette che circondano il lago di Como.

L’enorme Lario Moon allora esce dall’abisso per salutare la sua silenziosa madre luna, in un balzo sempre più alto, nella speranza di raggiungerla e darle il suo bacio di cucciolo.

Per illustrazioni e altro sul Lario Moon: www.pabryoda.com

LA STORIA DI KOL (di R.Zanardo)

In una piccola isola dell’arcipelago delle Filippine viveva un bambino di nome Kol.

Il villaggio era formato da capanne di paglia in mezzo a una folta vegetazione di alberi da frutto ed era poco distante dalla spiaggia.

La famiglia di Kol era molto povera ma tutto sommato viveva felicemente grazie all’abbondanza di frutta e pesce che la natura intorno offriva loro.

Non c’era una vera scuola ma una capanna dove un’anziana signora dava ai 5/6 bambini che la frequentavano,  insegnamenti sulle cose più importanti da sapere, come fare di conto, leggere e scrivere.

Nel pomeriggio Kol andava a raccogliere banane, cocco e mango insieme agli altri bambini: era un vero è proprio lavoro e una volta tornato a casa col raccolto, la mamma di Kol gli preparava degli ottimi frullati.Con la parte restante il papà riempiva delle ceste che poi portava con un carretto al mercato per ricavarci qualcosa.

A Kol piaceva molto disegnare ma aveva solo una matita, un pastello giallo ed uno verde.Era bravissimo e con quei pochi colori riusciva a fare dei disegni incredibili.

Tutti ammiravano il suo talento ma lui sembrava non rendersene conto talmente gli veniva naturale.

Un pò più grande, all’età di 15 anni, decise di trasferirsi nella vicina città per cercare fortuna perchè, anche se gli piaceva la vita del villaggio, si sentiva come destinato ad altro.

Con dispiacere salutò i suoi genitori e si trasferì a Cebu dove lo ospitò un amico che già viveva lì.

Ricordandosi del talento nel disegnare di Kol, questi gli propose di venire con lui ad un corso gratuito di disegno con il computer, aveva sentito che molti erano ben pagati per quel lavoro e con internet si poteva arrivare da qualsiasi parte!

Kol però lì per lì era scettico: Non aveva mai visto un computer e non avrebbe saputo neppure da dove iniziare!

Il giorno dopo però, quando vide tutti i colori che poteva avere a disposizione, decise che doveva assolutamente imparare ad usare quel fantastico strumento!

Si impegnò molto e dopo qualche mese fu in grado di realizzare i propri disegni e mostrare le sue opere via internet.Subito riconobbero il suo talento e molti gli chiedevano disegni su commissione.Alcuni addirittura chiedevano le sue opere dall’America, dal Giappone e addirittura dall’Italia!

Kol era felicissimo e con i primi soldi guadagnati tornò a trovare i suoi genitori.Erano felicissimi per lui, Kol sarebbe rimasto da loro solo qualche giorno ma volle assolutamente passare alla sua vecchia ‘scuola’ a salutare la sua anziana insegnante e donare dei colori a tutti i nuovi alunni del villaggio, che ne furono felicissimi!

Kol tornò a vivere a Cebu, oramai si era abituato alla vita di città e li aveva finalmente un buon lavoro facendo quello che amava di più, anche se ogni tanto tornava nel suo villaggio per dare qualcosa ai suoi genitori e salutarli.

Dopo qualche anno ricevette visita da due alunni cui tempo addietro aveva donato i pastelli: erano stati indirizzati da lui dall’anziana maestra e portavano con sè dei fantastici disegni fatti da loro.

Kol capì e subito li prese con se per insegnar loro ad usare il computer, i ragazzi erano proprio bravi ed appassionati come lui.

Da lì decise di aprire una piccola società che chiamò: KOL-OR.La società divenne famosa in tutto il mondo e finalmente lui e i suoi nuovi compagni di avventura ottennero il meritato successo.

Ancora oggi Kol torna nel suo villaggio per sedersi sulla spiaggia e disegnare il tramonto con pochi colori.Perchè ama farlo e per non dimenticarsi mai delle sue origini.

L’ORSO E LA MARMOTTA (di R.Zanardo)

Una marmotta che viveva sui monti della val d’Aosta, in Italia, ebbe una meravigliosa cucciola.

La accudì con l’amore che solo le mamme sanno dare.

Le insegnò i primi passi e la sfamò per i primi giorni di vita.

Un giorno mentre le spiegava come ottenere del cibo da sola, la piccola marmotta scivolò nel torrente e riuscì a raggiungere la riva solo diversi chilometri più avanti.

Venne trovata da un orso molto particolare, sembrava veramente cattivo, ma in realtà era molto buono e timido.

La marmotta era molto spaventata ma l’orso, che anche quando parlava normalmente sembrava minaccioso, le disse: “E tu chi sei, che ci fai qui?”

Lei, terrorizzata, rispose: “Sono caduta nel torrente mentre la mia mamma mi insegnava a pescare…” E l’orso: “Ok, ti riporterò da tua madre, tanto non ho fame, ho appena mangiato un sacco di miele!”

“Però questa notte dovremo stare qui, è troppo buio ora e sarebbe impossibile tornare” poi, la avvisò, scherzando: “però bada bene, comportati come si deve e non mi disturbare se no ti mangio!”

La marmotta annuì e in realtà capì che quell’orso era veramente buono e non le avrebbe mai fatto del male anche se era così brusco.

L’orso le disse: “puoi dormire qui” e le mostro un letto di paglia dove era solito dormire “io dormirò appoggiato a quell’albero”.

La mattina dopo si svegliarono e la marmotta aveva molta fame, l’orso le cerco qualcosa e le trovò del miele che prese, dalla sua riserva personale, in un angolo che teneva ben nascosto.

Si incamminarono per il bosco alla ricerca di mamma marmotta e la piccola continuava a lamentarsi e a chiedere quanto mancasse.L’orso così si scocciò e le disse con il suo vocione minaccioso: “Allora, vuoi ritrovare la tua mamma oppure no?”

La cucciola allora continuò a camminare e non parlò più offesa e risentita ma dopo poco più di mezz’ora arrivarono nel tratto del fiume dove era scivolata e lì ritrovò la sua mamma!

Le corse incontro e si diedero un fortissimo abbraccio, dopodiché la mamma si rivolse all’orso e abbracciò anche lui: “Grazie signor orso per avermela riportata!Non so davvero come ringraziarla!”

E l’orso rispose:” E’ stato una piacere, è una gran brava marmotta, io non ho mai avuto a che fare con un cucciolo, figuriamoci di marmotta!” Anche la piccola marmotta ringraziò l’orso e lo abbracciò! E gli disse:” Grazie per avermi fatto ritrovare la mia mamma, in fondo sei simpatico.”

L’orso si mise a ridere e disse loro: “Se siete d’accordo vi porto a vedere un posto segreto dove ci sono un sacco di fiori qui sopra. Così potremo trovarci lì quando volete.“

La piccola marmotta reclamò: “Sì, ma io sono stanca, abbiamo camminato da questa mattina!” E l’orso: “Non ti preoccupare, ti porterò sulle mie spalle” e la piccola capricciosamente disse: “Ma come? Allora non potevi farlo prima?”

E lui le disse sorridendo: “Tu volevi ritrovare la tua mamma, camminando l’abbiamo ritrovata. Se ti avessi portato non avresti imparato che bisogna camminare per raggiungere quello che si vuole…”.

Lei capì, salì felice sulle spalle dell’orso e rimasero sempre buoni amici.

FAVOLA DELLA NINNA NANNA

Favola della ninna nanna

FAVOLA DELLA NINNA NANNA (di S.Rosano)

Un giorno la Befana aprì la porta e si trovò davanti una cesta con dentro un bambino appena nato: “Oh perbacco!” esclamò. “Che ci faccio con un bambino? Sono troppo indaffarata, non posso di certo occuparmene! Lo porterò dal mio amico Uomo Nero, lui saprà che fare.”

L’Uomo nero  non appena vide cosa c’era nella cesta si fece una gran risata e disse: “Cara Befana, sai che coi bambini non vado molto d’accordo… Per lo più mi diverto a spaventarli, di certo non a prendermene cura! Lo porterò da mio cugino, l’Uomo bianco. Lui saprà che fare.” E così fece. L’uomo bianco, che aveva il cuore tenero, accettò di tenere il bambino, però trascorso qualche giorno, doveva partire per un lungo viaggio e pensò che non era il caso di portarselo dietro, quindi lo portò nel bosco dal suo amico folletto.

Il folletto era famoso per essere molto saggio e l’uomo bianco si disse. “Lui saprà che fare.”

Il folletto lo prese con sé. I giorni passavano e il bambino era sempre triste e piagnucoloso. Il Folletto rifletteva sul da farsi e ad un certo punto esclamò: “Ma certo! Questa è la cosa migliore da fare!” Prese il bambino e si incamminò verso la città. Lo portò ad una mamma e glielo mise in braccio. Il bambino smise di piangere e sorrise finalmente sereno, perché non c’è posto migliore al mondo per un bimbo se non le braccia della mamma!